La metafora di Airport 75

Ieri pomeriggio ripensavo al film Airport 75, il secondo di 4 film che compongono una saga basata su disastri aerei, a lieto fine per fortuna. I film del genere catastrofico degli anni '70 mi sono sempre piaciuti: Terremoto, L'inferno di Cristallo, Uragano, L'avventura del Poseidon, per citarne alcuni dei più famosi. Li apprezzo molto di più rispetto ai disaster movies attuali perchè all'epoca non c'era la tecnologia e la computer grafica di adesso, non c'era un'eccessiva spettacolarizzazione degli effetti speciali a livelli quasi esagerati, accompagnati anche da un forte profilo eroico del personaggio principale. Quelli degli anni '70 sono più realistici. Ma per tornare ad Airport 75 e per farvi capire meglio ve lo racconto brevemente.

Stati Uniti, anni '70. Un aereo jumbo Boeing 747 della Columbia Airlines decolla da Washington ed è diretto a Los Angeles col suo carico di passeggeri, ognuno alle prese con le proprie vicende personali che in qualche modo si incontrano e si intrecciano a bordo. A causa del maltempo a destinazione, l'aereo viene rediretto su scalo alternativo a Salt Lake City, mentre un piccolo aereo privato vola incontrollato a causa di un infarto che colpisce improvvisamente il conducente. In pochi minuti il piccolo velivolo si trova sulla rotta del jumbo e i due aerei si scontrano frontalmente. L'incidente provoca uno squarcio sulla cabina di pilotaggio del jumbo, 2 co-piloti muoiono sul colpo mentre il comandante rimane gravemente ferito.

L'aereo vola senza nessuno ai comandi e la capo hostess Nancy, interpretata dall'attrice Karen Black, dopo lo sgomento iniziale si fa carico di comunicare via radio con le centrali di comando, ricevendo le istruzioni a distanza su come correggere temporaneamente la rotta e l'assetto dell'aereo, per evitare che vada a schiantarsi contro le Montagne Rocciose.

Per riportare l'aereo a terra e salvare tutte quelle vite umane viene escogitato il piano di calare un pilota appeso ad una fune da un elicottero in volo che raggiunge l'aereo. Beh, inutile dire che l'impresa ha successo, non senza difficoltà però.

La trama del film la sento un po' come la metafora della mia vita, o delle nostre vite, in questo particolare momento storico. La nostra vita come un aereo che vola, viaggia, ma un tragico imprevisto ci fa perdere la rotta. Viaggiamo in balia degli eventi, senza sapere se, quando e come atterreremo. Mi sento come la hostess Nancy che grida alla radio: "Qui Columbia 4 - 0 - 9. Salt Lake, rispondi! Vi prego, aiutateci!!", e poi in un'altra scena allunga le braccia attraverso lo squarcio della cabina per aiutare il pilota che si sta calando dentro.

Allunga le braccia verso la salvezza, tenta di afferrarla, con la disperazione in volto. Sono anche un passeggero dell'aereo, inerme, senza alcun potere. Sono io stesso quell'aereo. Ci salveremo? Atterreremo? E quando? Guardo attraverso il finestrino un paesaggio che scorre lento, la pista dell'aeroporto è la vita come era prima, attendiamo che qualcuno o qualcosa ci tragga in salvo.

Immagini dal sito
http://classic--movies.blogspot.com/2012/06/airport-1975.html?m=1

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